INCLUSIONE: UN BILANCIO DI FINE ANNO

Tra norme, sfide e bisogni emergenti, un bilancio sullo stato dell'inclusione per studenti

Mentre l’anno volge al termine, il tema dell’inclusione emerge con urgenza come uno dei criteri importanti per valutare la qualità delle politiche sociali ed educative messe in atto negli ultimi anni. Se da un lato, nei contesti educativi si osservano progressi significativi nella promozione di un ambiente inclusivo e partecipativo, dall’altro resta ancora molto da mettere in campo, soprattutto per accogliere quella fascia di studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES) che non rientrano in diagnosi specifiche, ma che esprimono comunque bisogni rilevanti per il sistema scolastico e la rete sociale.

A livello nazionale, negli ultimi anni l’inclusione è stata al centro di molteplici interventi normativi, con l’obiettivo di rendere il sistema educativo più equo e accessibile. Secondo i dati del MIUR, nel 2023-2024 gli studenti con BES in Italia rappresentavano il 15% della popolazione scolastica complessiva; di questi, il 3,5% ha una certificazione formale (disabilità o di Disturbo Specifico dell’Apprendimento), mentre il restante 11,5% è composto da studenti con bisogni educativi derivanti da svantaggi socioeconomici, linguistici o culturali. Questo dato evidenzia quanto sia urgente strutturare interventi inclusivi anche per coloro che non hanno una diagnosi chiara, ma che affrontano comunque difficoltà significative nell’apprendimento e nell’inclusione scolastica.

Se applichiamo i dati nazionali in proporzione alla provincia di Bergamo, dove ci sono circa 115.000 studenti nelle scuole di ogni ordine e grado, possiamo stimare che questi numeri si rispecchiano con circa 12.000 studenti identificati come BES, di cui circa 8.000 con bisogni educativi speciali non certificati. I dati rivelano che il 60% di questa ultima categoria di studenti manifesta difficoltà emotive, comportamentali o relazionali: questo si traduce spesso in difficoltà di apprendimento, calo della motivazione e, nei casi più gravi, episodi di abbandono scolastico. A livello nazionale, l’Italia registra un tasso di abbandono scolastico del 12,7% (dato Eurostat 2023), con punte più alte nelle fasce di popolazione svantaggiata.

A livello normativo, il Piano Didattico Personalizzato (PDP) rappresenta uno strumento centrale per rispondere ai bisogni educativi degli studenti BES, anche in assenza di diagnosi formale, ma solo il 55% delle scuole italiane applica regolarmente il PDP per questa fascia di studenti, evidenziando una lacuna nella capacità di riconoscere e gestire i bisogni educativi meno “codificati”. Nella provincia di Bergamo, la percentuale sale al 68%, ma resta comunque insufficiente per coprire tutte le situazioni di difficoltà.

Un ulteriore dato significativo riguarda la formazione degli insegnanti: a livello nazionale, il 45% dei docenti dichiara di non aver ricevuto una formazione specifica sui BES, e nella provincia di Bergamo il dato è simile (47%); questa mancanza di preparazione si traduce spesso in interventi frammentati e poco efficaci, lasciando le famiglie con la sensazione di un vuoto istituzionale.

Basti pensare che per gli studenti con disabilità, il 38% degli insegnanti di sostegno nella provincia non è specializzato, e questo rappresenta un limite alla qualità degli interventi educativi personalizzati.

Guardando al futuro, l’inclusione richiede sicuramente un intervento mirato: in primo luogo, è necessario ampliare la formazione degli insegnanti, sia sul piano tecnico che su quello relazionale; gli educatori devono essere preparati a riconoscere e affrontare i bisogni degli studenti senza affidarsi esclusivamente alla presenza di una diagnosi. Servono poi risorse umane aggiuntive: mediatori culturali, psicologi scolastici e pedagogisti, con la necessità che diventino figure centrali all’interno delle scuole.

A livello locale, Bergamo può rappresentare un modello di sperimentazione attraverso la creazione di laboratori di innovazione educativa, che coinvolgano scuole, famiglie e associazioni in un’ottica di progettazione condivisa; inoltre, l’ampliamento delle reti di supporto territoriale potrebbe garantire una maggiore copertura per gli studenti più vulnerabili, riducendo il rischio di esclusione.

Il bilancio di fine anno ci restituisce quindi un quadro di luci e ombre: da un lato, si osservano progressi significativi nell’attenzione al tema dell’inclusione; dall’altro, resta ancora molto da fare, soprattutto per colmare il divario tra chi ha una diagnosi certificata e chi, pur avendo bisogni educativi speciali, non trova nel sistema scolastico risposte adeguate.

Per questo, la sfida dell’inclusione non può dirsi vinta: richiede una visione a lungo termine, un investimento strategico e la volontà di considerare l’inclusione non come un obiettivo isolato, ma come il fondamento di un’educazione davvero democratica e partecipativa.

Perché una scuola inclusiva è una scuola che non lascia nessuno indietro, valorizzando le differenze come una risorsa, e non come un ostacolo.

Dott. Mirko Bena
Psicologo e Formatore